Adotta un monumento funebre: ecco la nuova iniziativa della Fondazione Catarsini
Tra pochi giorni saranno ricordati i defunti e i cimiteri saranno meta di visite incessanti. In molti casi il camposanto non è il semplice luogo di sepoltura dei cari estinti, ma un vero e proprio museo all’aperto, talmente tante sono le opere poste a corredo delle innumerevoli tombe, ognuna diversa dall’altra. Perfino i nomi dei sepolcreti talvolta risentono di questa particolarità – basta pensare ai vari “cimiteri monumentali” (a Milano. come a Staglieno vicino Genova) – così come alcuni di essi sembrano delle vere gallerie d’arte.
Anche il cimitero di Viareggio non è da meno e per iniziativa della Presidente della Fondazione Alfredo Catarsini 1899, Elena Martinelli, e di suo marito e co-fondatore della stessa istituzione, Gianvittorio Serralunga (che qui è sepolto dallo scorso giugno), è stato “adottato” il monumento funebre della tomba di Cesare Pellegrinetti e Marianna Raffaelli, situato sul lato ovest del campo II del suddetto cimitero, avviando un percorso di recupero del monumento stesso, tuttora in corso, sotto la supervisione di Valentino Anselmi, responsabile area funzionale patrimonio storico-artistico della Soprintendenza ABAP per le province di Lucca e Massa Carrara.
Sulla sommità del suddetto monumento funebre è stata scolpita nel 1914 da un giovanissimo Mario Carlesi, una figura allegorica femminile assisa in marmo, con lo sguardo rivolto al cielo, raffigurante verosimilmente la Fede. Si tratta di un’opera non allineata alla consueta iconografia cimiteriale, ma ben capace, con la sua severità e semplicità di linee, di rappresentare una religiosità priva di orpelli, esaltando l’umanità, con le sue sofferenze e le sue gioie. In più evidenzia alcune tematiche care a Catarsini, che di Carlesi era amico, e alla sua famiglia, come la fede e la volontà di rimettersi al giudizio del Padre Eterno, con la speranza per un aldilà che sia fonte di consolazione per tutti i defunti.
«Credo sia molto importante – afferma Elena Martinelli – che non vada perduta questa peculiarità di ogni cimitero, così come il valore storico-artistico di certe opere che, in larga parte esposte all’aperto e quindi interessate da ogni tipo di ingiuria meteorologica e climatica, non sono conservate in condizioni ottimali. Eppure basta farsi un giro nel nostro cimitero viareggino per renderci conto di quanta bellezza e maestria sono insite in questi simulacri, che vanno salvati, anche perché costituiscono le testimonianze di gusti artistici tipici di determinati periodi storici. Per tutti questi motivi e per conservare una prestigiosa opera scultorea voluta da due coniugi che si sono amati, ma non hanno avuto eredi che se ne siano presi cura, mio marito Gianvittorio e io già nella scorsa primavera ‘adottammo’ la tomba con l’opera di Carlesi preoccupandoci, secondo le indicazioni del direttore Gabrielli, delle procedure necessarie e del restauro. Adesso ne parlo anche a suo nome e della nostra Fondazione, sicura che una simile iniziativa possa essere d’interesse per altri amanti della memoria e dell’arte».
Da parte sua Anselmi aggiunge che «non è facile riconoscere nei cimiteri un valore culturale legato alla storia e al particolare intreccio di sculture e architetture, che li caratterizzano. Essi sono monumenti complessi e stratificati nei quali, spesso, sono concentrate opere di importanti architetti e scultori, quasi sempre strettamente collegati alla storia del territorio di appartenenza. Il Cimitero Comunale di Viareggio rientra a pieno titolo nella grande stagione della Viareggio eclettica, liberty e decò vista non solo come mera retrospettiva del passato, ma come momento paradigmatico della storia della città e, quindi, necessariamente da salvaguardare e da tramandare alle nuove generazioni. Pertanto consiglio di seguire questo appello della Fondazione Catarsini e di ‘adottare un monumento funebre’, vale a dire di ‘prendersene cura’, stimolando eventualmente dei restauri di sepolture, monumenti e tombe che, senza un concessionario, si troverebbero parzialmente abbandonate e che, verosimilmente, andrebbero incontro a un lento e inesorabile degrado. Trasferire i propri cari in una tomba che ha ospitato altre persone, che l’hanno amata, voluta, desiderata, scelta, potrebbe dare continuità a un’identità, a una memoria e a un immaginario collettivo».