Notizie su Villa Museo Paolina Bonaparte - Viareggio - 6
CAMMINO – I LUOGHI DI CATARSINI
6 – NOTIZIE SU VILLA MUSEO PAOLINA BONAPARTE
Questa tappa tocca uno dei luoghi più interessanti del Cammino, l’atelier di Alfredo Catarsini che si trova nelle soffitte della Villa Museo Paolina Bonaparte e conserva l’importante archivio dell’artista. Catarsini ebbe queste stanze dopo che il suo precedente atelier, che si trovava nel Palazzo Comunale (ex Casino Reale) in Via Regia, fu bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale.
La villa venne costruita nel 1822 per Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, che vi visse pochissimo. Progettata dall’architetto Giovanni Lazzarini in delicate forme neoclassiche, era situata sulla riva del mare, all’epoca molto meno arretrato rispetto ad oggi. L’edificio era stato realizzato in modo che la visione del mare e dei venti fosse in continua relazione con le stanze principali. L’interno con deliziosi affreschi d’epoca è stato restaurato e oggi possiamo camminare fra le sue stanze ripercorrendo con l’immaginazione la vita raffinata che vi si conduceva.
Alla morte di Paolina fu ereditata dalla sorella Carolina Murat e quindi dopo alterne vicende (è stata anche sede di una scuola media), è ora di proprietà comunale e sede di mostre e convegni. Sul lato della villa fronte mare si trova Piazza Shelley, che conserva uno dei pochi monumenti al grande poeta inglese, il cui corpo fu ritrovato sulla spiaggia in località Due fosse, non lontano dalla villa.
L’atelier è stato riallestito dalla nipote Elena con gli arredi del Maestro conservati dopo la sua morte e aperto al pubblico nel 2002; conserva l’importante archivio dell’artista e le tracce del suo lavoro e della sua vita: disegni, manifesti delle sue esposizioni, cavalletti, tavolozze, pennelli, documenti, foto, cataloghi, articoli, disegni, libri d’arte, lettere, diplomi e onorificenze, giornai rilegati. Visitandolo si può ricostruirne la personalità e le vicende più salienti della sua lunga vita tutta dedicata all’arte.
Alfredo Catarsini non è stato solo un pittore, ma anche un letterato e un uomo di cultura attento e sensibile. Nell’archivio si trovano i manoscritti dei suoi racconti, le bozze dei suoi due romanzi, uno dei quali da poco rieditato da La Nave di Teseo, i suoi diari e gli articoli che per molti anni ha scritto per i giornali locali e le riviste culturali. In appositi faldoni sono custoditi i giornali che, dagli anni ‘30 in poi, parlano delle sue esposizioni e di innumerevoli notizie della vita culturale e artistica del Novecento.
Di grande interesse la raccolta di tutti i cataloghi e le brochure delle numerosissime esposizioni a cui ha partecipato fin dal 1927, e i cataloghi di altri artisti a cui era particolarmente legato, nonché la corrispondenza che ha intrattenuto con molti di essi.
Numerose le fotografie sue e della famiglia e significative le immagini delle sue mostre, da quelle degli anni 30 all’ultima antologica del 1991. L’archivio contiene tutta la documentazione ad oggi trovata sull’artista ed è costantemente aggiornato.
La fascinazione che si avverte in queste stanze è data, oltre che dai documenti, dall’atmosfera che ancora si avverte fra queste mura; guardando il suo cavalletto, la sua tavolozza, i pochi arredi, le tracce di colore sulle pareti avvertiamo l’intensità di una ricerca pittorica profonda e sincera a cui Alfredo Catarsini ha dedicato tutta la sua esistenza.
Descrizione dell’Atelier da parte della storica dell’arte Cristina Acidini
“…nella bella villa urbana che fu delle Bonaparte, prima di Paolina Borghese e poi di Carolina Murat, dagli ambienti di rappresentanza a lungo e accuratamente restaurati nell’arco di vari decenni – il passaggio alla soffitta adibita a studio di pittura è fluido e privo di contraddizioni. Gli appartamenti nobilmente decorati e arredati, dove Paolina accolse i musicisti, gli artisti e i letterati della sua piccola corte cosmopolita, trovano il loro complemento nella pacata bohème dell’atelier, che racconta per oggetti e per immagini la lunga biografia di Catarsini. Una vita iniziata nella Viareggio profonda, all’ombra della Torre Matilde e sulla sponda della Darsena, arricchita in seguito da esperienze e da contatti internazionali e specialmente parigini, svolta tra un impegno locale nella formazione dei giovani e mostre in tutta Italia, e conclusa infine a Viareggio, in un operoso pendolarismo fra l’atelier sotto il tetto napoleonico e l’abitazione nel quartiere Marco Polo….La mia visita allo studio Catarsini risale al 2013, allorché si era da poco concluso con successo il progetto di riallestimento: un progetto lungo e impegnativo, voluto con forza e portato a buon fine con tenacia per impulso di Elena Martinelli, nipote del pittore, nei dieci anni successivi alla morte del nonno. E che ha il corrispettivo non immediatamente visibile, ma encomiabile, nel lavoro di inventariazione accuratamente svolto sui documenti originali dell’Archivio Catarsini, mentre per l’opera dell’artista sono complementi le raccolte pubbliche e private che conservano i suoi quadri, in primo luogo quella (nella sede della Fondazione) nel quartiere Marco Polo. A questo proposito ho il bel ricordo dell’arrivo dell’Autoritratto di Catarsini del 1934 nella celebre raccolta della Galleria degli Uffizi, avvenuto nel 2005, poco prima che ne assumessi la guida come Soprintendente del Polo Museale Fiorentino (dal 2006 al 2014)…… All’inizio della sua occupazione dell’atelier, è probabile che i mobili scarseggiassero: “Tutto è quasi messo per terra: tubetti di colori, libri, pennelli, poi anche una diecina di studi a bianco e nero […] Poi cornici, telai, buttati da ogni parte ed infine anche dei grandi cartoni per affresco collocati per terra” (B.F. in Artisti nostri, Una visita allo studio del pittore Catarsini, ne “Il Tirreno” del 7 agosto 1946).
E dagli anni ’50 in poi, l’iconografia dello studio si stabilizza in un soggettivo, suggestivo, inevitabile disordine: “fra tavolozze, cavalletti, pennelli e quadri ammonticchiati per ogni dove, e scaffali pieni di libri, di ritagli di giornale, […] stanze in cui il rumore della città giunge come ovattato” (L.M., Note d’arte. Visita allo studio di Alfredo Catarsini, ne “La Nazione italiana – Cronaca di Viareggio” del 13 marzo 1957, p.4). “Il pavimento trema alla pressione del passo – annota ancora Taglioli – vi giungono affiochiti i rumori delle aule scolastiche sottostanti, quasi un sommesso brusio che supera l’ostacolo dei muri. Lungo le pareti i soliti ammassi di quadri vecchi e nuovi, disposti alla rinfusa…” (La pittura a Viareggio. L’inchiesta tra i nostri artisti e il “Personaggio” principale, ne “Il Tirreno”, 17 novembre 1955, p.4)
“….E mentre la figura del pittore perde gli spigoli e sotto il basco dal profilo parigino i capelli imbiancano, mentre la sua carriera di docente e di artista lo conduce attraverso sperimentazioni personali e autonome (col Simbolismo Meccanico e il Riflessismo, senza abbandonare la figura e il paesaggio viareggino), lo studio assume quell’aspetto vissuto, affollato di arnesi e di ricordi, che colpisce i visitatori…Nello studio odierno, è forte l’emozione dell’incontro col luogo che racchiude la testimonianza di un artista dalla personalità forte e decisa, di una longevità che gli ha consentito di attraversare gran parte del Novecento partecipando delle sue fluttuanti correnti artistiche. Opere che vanno e vengono, cartoni conservati dopo l’uso nei cantieri d’affresco, quadri scelti e approntati per esposizioni – a Firenze, a Venezia, a Roma e altrove -, quadri che ne ritornano, disegni che si stratificano in risme, articoli, recensioni, dépliant (tutto materiale che sembra importante sul momento e poi finisce in una riga del curriculum o nel dimenticatoio) e naturalmente tele, cornici, arnesi del mestiere. La pittura possiede Catarsini e gli è presente senza dargli tregua: nei suoi ritratti può capitare l’apparizione di una tela dipinta sul cavalletto, quadro nel quadro, frammento dello studio viareggino incorporato per sempre in un dipinto che farà la sua strada nel mondo. Là, l’intonaco alle pareti si offusca, la pittura bianca del tetto si scrosta e mostra chiazze di legno e laterizio…. Il passaggio dall’uso al museo ha ricreato, nei termini nuovi di una narrazione ordinata, quello che fu un ambiente vissuto in alacre confusione”.
ALCUNI ESTRATTI DI ARTICOLI SCRITTI SU CATARSINI E L’IMPORTANZA DI VIAREGGIO E DEL TERRITORIO CIRCOSTANTE NELLA SUA POETICA
Era facile vederlo traversare in bicicletta il Canale Burlamacca, per andare in Darsena, e in Darsena, era facile incontrarlo quando sbucava dalle viette chiassose dentro i cantieri o quando si fermava a tu per tu col mare e con lo specchio d’acqua del porto. La sua tavolozza ricca e severe, guizzante e malinconica, sembra attinta proprio al riflesso dei colori sulle acque metalliche del canale. E solo colori veri, perché a crearli e trasformarli è stata la luce… (Raffaello Bertoli)
“E poi, in improvvisi ritorni contemplativi, di nuovo alla ribalta quel rapporto di sempre dell’uomo col mare che resta la guida costante nella lettura di quel suo dipingere senza tempo…” (Tommaso Paloscia)
“Alfredo Catarsini stava nella sua Viareggio come al centro di una rosa dei venti, sensibile a Lorenzo Viani e a Soffici, a Carrà e ai Fauves, a Matisse, a Cézanne, a Moses Levy, agli intellettuali, ai poeti, agli artisti che d’estate si incontravano al Quarto Platano di Forte dei Marmi… Si può vivere a Viareggio, raccontare le storie della darsena e le opere e i giorni degli uomini, nel mutare della luce e dell’ora, ed essere artisti grandi e veri.” (Antonio Paolucci)