IL GRANO DELLA BONIFICA LUCCHESE AL MART DI ROVERETO
Settanta anni di parabola artistica
Dopo gli studi all’Istituto d’arte di Lucca, a soli 15 anni Catarsini compì «il canonico viaggio a Parigi» – come lo definisce Elena Pontiggia nel saggio del catalogo che accompagna e impreziosisce questa mostra – dove conobbe Amedeo Modigliani; poi nell’agosto del 1918 incontrò Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista, e un anno più tardi strinse amicizia con Lorenzo Viani che sarebbe durata per tutta la vita.
La prima mostra cui parteciparono i dipinti di Catarsini è datata 1927, a Bologna, ma solo due anni dopo, nella sua Viareggio, l’Artista tenne la sua prima personale a Palazzo Paolina Bonaparte, laddove oggi sono ospitati il suo archivio documentale e la fedele ricostruzione del suo studio d’artista.
Questi momenti hanno costituito l’avvio della lunga carriera durante la quale Alfredo Catarsini ha svolto il ruolo di intellettuale e di artista attento ai mutamenti, sempre aggiornato e interprete del suo tempo. L’uomo e l’universo femminile, il lavoro, i sentimenti, i luoghi dove è nato e vissuto, i paesaggi, la contemporaneità sono i suoi motivi di ispirazione, declinati in modo differente in 70 anni di attività.
Catarsini «ha dipinto le darsene laboriose dal 1917 alla fine della sua vita, differenti certamente, perché differente era la realtà – scrive Elena Martinelli, Presidente della Fondazione Alfredo Catarsini 1899 -. Ha esaltato l’ingegno umano per le scoperte e le invenzioni, ma ha sempre avuto un atteggiamento di grande attenzione e prudenza nei confronti di certi radicali e irreversibili cambiamenti, in particolare riguardo alla tecnologia moderna, un fenomeno globale che è entrato nella nostra vita con prepotenza e con ambiguità senza chiedere il permesso e senza ‘istruzioni per l’ “uso”».
La nuova mostra antologica dedicata ad Alfredo Catarsini che per sei mesi sarà possibile ammirare a Villa Mirabella del Vittoriale degli Italiani giunge 43 anni dopo la grande esposizione di Palazzo Strozzi a Firenze (1981) e le altre comprese tra il 1982 a Palazzo dei Diamanti a Ferrara (che rappresentò una rottura col passato in quanto interamente dedicata al “Simbolismo meccanico”, cioè all’indagine del rapporto uomo-macchina che aveva soppiantato le darsene operose e le marine), il 1988 al Museo di Milano e quella postuma del 1999 nella natia Viareggio.
Poi «tra 2021 e 2023, dopo la costituzione della Fondazione Alfredo Catarsini 1899 nel giugno del 2020, si sono tenute le retrospettive di Forte dei Marmi (2021), Lucca (2022), Firenze (2023) e Lodi (2023) che hanno giustamente inteso riportare l’attenzione su questo importante protagonista della pittura del Novecento – scrive il curatore Bona –, soprattutto grazie alla nipote Elena Martinelli che, insieme al marito Gianvittorio Serralunga, ha sostenuto un progetto di conservazione e di studio del patrimonio artistico e documentario ereditato, ampliandolo e valorizzandolo anche attraverso iniziative culturali di ampio respiro, quali il recente ‘Cammino I luoghi di Catarsini’, una mostra diffusa lungo un itinerario che collega otto stazioni situate in sette comuni tra Versilia e Lucchesia».
In tal senso, la novità della mostra rispetto alle precedenti antologiche sta nel tentativo di ricondurre a un percorso omogeneo la pittura di Catarsini – che può apparire discontinua – individuandone il filo conduttore principale.
Infatti, proprio grazie alla Fondazione a lui intitolata, intorno alla figura di Alfredo Catarsini ha iniziato a svilupparsi un vasto movimento d’interesse, di riscoperta e di approfondimento che per germinazione spontanea è arrivato a caratterizzarlo come “Catarsismo”. Nel suo contributo in catalogo l’artista milanese Sandro Gorra così lo descrive: «l’intenzione interiore di liberarsi di vezzi e dettagli pittorici per pennellare l’emozione volando sopra le maniere e restando profondamente ancorato al sentimento rivoluzionario dell’anima dentro e la libertà del pensiero fuori» -, mentre la più recente delle retrospettive dedicate all’Artista viareggino, del gennaio 2023, è stata interamente dedicata ai suoi numerosi Autoritratti, «ben 22, eseguiti attraverso mezzo secolo in tecniche e formati differenti, ma con una sostanziale coerenza, pur nel cambiamento dello stile e del sentimento pittorico – scrive la Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, Cristina Acidini, nel suo saggio sul catalogo –. La personalità riflessiva e severa dell’artista si definiva attraverso il tempo, in una cronaca figurata che partiva dal giovane vigoroso e assertivo degli anni Trenta, modellato come una statua policroma dai capelli scolpiti e il busto compresso in camicie e magliette per giungere con gli anni all’uomo maturo e disincantato, talora mestamente introspettivo, come sfiorato da amarezze. Nel raffigurarsi poi segnato in volto e stempiato, mentre la figura perdeva gli spigoli e sotto il basco dal profilo parigino i capelli imbiancavano, Catarsini accettava e narrava l’incombente vecchiaia col sereno equilibrio dei grandi spiriti che non temono di esporre la decadenza dei corpi, concedendosi l’unica tardiva civetteria della sciarpa blu cobalto intorno al collo».
Ma Catarsini non fu solo pittore in senso stretto, bensì anche in senso lato poiché durante la sua vita si ritrovò a dipingere anche con le parole: «Anche nelle prove letterarie Catarsini rivelava la sua sensibilità al disegno, alle atmosfere, alle gamme cromatiche di un ambiente che diventava sovente il colorato specchio degli stati d’animo» aggiunge Acidini. La sua opera scritta più significativa, il romanzo Giorni neri (che reca la prefazione del Presidente del Vittoriale degli Italiani, Giordano Bruno Guerri, ndr), dimostrò come prese forma letteraria la sua esperienza di sfollato in Val Freddana (tra Lucca e la Versilia) durante il passaggio del fronte, e quali fossero le tinte da lui evocate a parole nei paesaggi, nelle figure umane, negli animali e negli oggetti protagonisti di quei tempi duri e tragici.
Anche sotto questo aspetto, Alfredo Catarsini nelle variegate vesti di intellettuale del Novecento merita un approfondimento, come più volte auspicato da Vittorio Sgarbi: «..ciò che gli studiosi devono fare, rispettando fedelmente il senso più proprio del loro mestiere, è mettere al centro dei loro interessi l’oggetto Catarsini, nell’aspetto della sua produzione artistica come nell’evidenza dei documenti extra-artistici in grado di contribuire a meglio comprendere l’evoluzione della sua personalità nel succedersi del tempo».