Descrizione delle opere a Forte dei Marmi – FDM – 7

Descrizione delle opere a Forte dei Marmi - FDM - 7

CAMMINO – I LUOGHI DI CATARSINI

7 – DESCRIZIONE DELLE OPERE A FORTE DEI MARMI

Catarsini ha mantenuto sempre un forte legame con questi territori, vi ha esposto più volte, ha collaborato con la rivista Versilia Oggi e frequentato al Caffè Roma, nel centro di Forte dei Marmi, gli intellettuali, come Soffici, Carrà e Nomellini, che si riunivano all’ombra del Quarto Platano.  In questo famoso luogo di convivialità e di ritrovo di personalità che avevano scelto la Versilia come luogo di vacanza estiva, si sono creati rapporti e amicizie, stimolato sinergie e contatti. Molti di questi erano suoi buoni amici, come Enrico Pea, nume tutelare del luogo, Leonida Rèpaci, fondatore del Premio Viareggio e il grande scultore Arturo Dazzi.

Catarsini ne eseguì i ritratti ora esposti a Villa Bertelli, insieme a un autoritratto dell’artista.

Vittorio Sgarbi scrive su Catarsini “… se c’è un artista che ha provato a guardare oltre le mura del proprio municipio, cercando altrove gli stimoli da portare  e sviluppare a casa, questi è proprio Catarsini. Godendo peraltro della congiuntura favorevole per cui l‘altrove gli arrivava direttamente a casa senza aver bisogno di andarlo a cercare .. grazie alla presenza di artisti e intellettuali..”

  1. Autoritratto, inchiostro su carta, altezza 28 centimetri, larghezza 20,5 centimetri

Questo schizzo a penna su carta quadrettata è un rapido autoritratto di profilo che Catarsini si fece in non giovane età, è quasi una caricatura dove l’artista accentua alcune caratteristiche del suo volto, ovvero il naso puntuto e il mento aguzzo. Il naso sembra come proteso ad annusare, il suo è un naso curioso del mondo, delle cose, le rughe sul volto scavato sono accennate con pochi tratti veloci, così come i radi capelli.

2. Ritratto di Enrico Pea, inchiostro su carta, altezza 34 centimetri, larghezza 24 centimetri.


Questo rapido ritratto a penna raffigura Enrico Pea. Il noto letterato e poeta versiliese è raffigurato a figura intera, di profilo, con due libri sotto il braccio, sembra parlare e, con le braccia e le lunghe mani, descrivere qualcosa. Il volto è caratterizzato dalla lunga barba bianca e dal basco che Pea portava spessissimo. Catarsini accentua la figura dinoccolata e molto caratteristica del poeta, il disegno ha un segno fresco e immediato ed è uno dei molti che Catarsini ha fatto a Pea, di cui era amico ed ammiratore.

3. Leonida Repaci, inchiostro su carta, altezza 29 centimetri, larghezza 21 centimetri.

Questo rapido disegno raffigura in caricatura uno degli intellettuali più noti che frequentavano la Versilia dagli anni 20 del ‘900; Repaci fu uno dei fondatori del premio Viareggio e fu caro amico di Catarsini.

La caricatura lo raffigura di profilo a mezzobusto e accentua alcune caratteristiche di Repaci: l’aria sempre un poco corrusca, la fronte alta e il mento prominente.

Era molto amico ed estimatore di Catarsini con cui mantenne sempre una assidua frequentazione. Si ritrovavano anche al Quarto Platano insieme agli amici comuni tra i quali Giuseppe Ungaretti.

4. Ritratto di Arturo Dazzi, inchiostro su carta, altezza 30 centimetri, larghezza 21 centimetri.


Questo veloce ritratto raffigura Arturo Dazzi, noto scultore di Carrara, che Catarsini conosceva e che ha frequentava dal 1953 fino alla morte dello scultore, avvenuta nel 1966. Questo disegno illustrava un articolo di ricordi su Dazzi che Catarsini aveva scritto per la rivista Versilia Oggi nell’aprile del 1972. Dazzi è raffigurato di profilo con tratto rapido e sicuro, in testa ha una sorta di basco senza forma che solitamente portava. L’espressione è attenta, la bocca aperta, come intento a parlare, a raccontare delle sue opere a Catarsini, in uno scambio proficuo di idee sull’arte.

Il grano della bonifica lucchese1940, olio su tela, altezza 233 centimetri, larghezza 300 centimetri.

Alfredo Catarsini, reduce dal successo ottenuto nel 1939 al I° Premio Cremona, inviò questo grande quadro all’esposizione dell’anno successivo, dedicata a La Battaglia del grano.

Il dipinto, anche se non vinse alcun premio, fu apprezzato sia in Italia sia ad Hannover, dove fu esposto lo stesso anno nell’ambito del gemellaggio culturale fra Cremona e la città tedesca.

Nel 2022 il quadro è stato acquistato dalla Fondazione Catarsini, nell’ambito di un più vasto recupero della produzione del pittore viareggino. In buono stato di conservazione, consente oggi di apprezzare la stesura pittorica e le scelte cromatiche, caratterizzate da una pittura chiara e luminosa, corposa e materica.

Catarsini fu l’unico pittore toscano a partecipare a tutte le tre edizioni del concorso pittorico cremonese che, nell’edizione del 1940, si prestava ad ampie aperture naturalistiche, nelle quali il popolo partecipa con entusiasmo al lavoro nei campi, protagonista e combattente instancabile di una battaglia che attraversa le campagne italiane, affiancando le imprese belliche di una nazione che aveva fatto il suo ingresso in guerra il 10 giugno dello stesso anno.

L’argomento dell’esposizione, dettato da Mussolini, non era una novità. La battaglia del grano era stata la prima vera grande impresa propagandistica di massa del regime fascista che, dal 1925, aveva iniziato una poderosa campagna di persuasione attraverso i cinegiornali dell’Istituto Luce, le fotografie, le cartoline, i calendari e i dipinti dell’epoca.

Insistendo sul soggetto più universale del lavoro e sui suoi valori simbolici, l’argomento consentiva di idealizzare la figura del bracciante. Il contadino erculeo e statuario, già celebrato dal socialismo, si spogliava dalle caratterizzazioni di antagonismo sociale per piegarsi all’esaltazione delle virtù dell’obbedienza e dell’operosità, lavorando in silenzio nei campi, con fervore e dedizione, con gesti disciplinati e immutabili da millenni sapientemente ripetuti. Egli compariva monumentale in primo piano, oppure veniva dipinto come motivo di fondo, quasi fosse parte integrante del paesaggio, alle spalle di altri spunti narrativi ricorrenti, quali la maternità, la famiglia, i simboli del regime.

La rassegna del 1940 fu la più felice delle edizioni del premio cremonese, in quanto contrassegnata da una maggiore libertà compositiva, da un sentito coinvolgimento nei motivi paesistici, dal recupero del naturalismo atmosferico ottocentesco, spesso saldato alla tradizione plastica dei primitivi, dei maestri e degli epigoni dell’ormai riassorbito Novecento.

In quest’opera, accanto ai braccianti, compare la trebbiatrice che, durante gli anni Trenta, rappresenterà simbolicamente la modernizzazione del lavoro agricolo. Catarsini la colloca sullo sfondo, accanto a un casolare dai volumi squadrati dal quale si staccano i cavi elettrici che, sottolineando il sicuro impianto prospettico, si fanno timido accenno di modernità in un’opera che esalta i valori più tipicamente rurali del mondo contadino.

I suoi contadini scalzi sono ritratti durante la loro quotidiana fatica con forme naturalistiche plasticamente delineate, caratterizzate da una più accentuata geometria del segno, così come accedeva nei suoi dipinti di figura degli anni Trenta. Gli uomini e le donne in primo piano sono impegnati ad ammassare i fasci di spighe, mentre i braccianti più arretrati a sinistra lavorano accanto alla trebbiatrice. In primo piano, una donna incinta avanza da destra portando un secchio d’acqua sul capo e abbassa lo sguardo verso una bimba che solleva l’orlo del grembiulino azzurro ricolmo di belle ciliegie rosse. Il suo sguardo infantile è rivolto ai lavoranti mentre, accanto a lei, un uomo giovane e atletico, con un basco azzurro sul capo, arresta per un istante il suo lavoro per osservare i compagni.

Anche in questa prova, come in quella dell’anno precedente, Catarsini disegna e dipinge con rigore e solidità, con un colore denso e materico, sempre raffinatissimo negli accostamenti tonali e nella ricerca della saturazione luminosa.

Nel dipinto non vi sono riferimenti diretti al fascismo, come accade invece in altre opere del concorso cremonese. Solo un tricolore minuscolo sventola nel cielo azzurro opaco e si fa segnale d’italianità, contestualizzando l’opera nel momento storico e nelle circostanze in cui venne realizzata, insieme al riferimento inserito nel titolo che rimanda alle vaste opere di bonifica realizzate in quegli anni nei pressi di Viareggio. Nello sfondo, infatti, il pittore ritrae scorci di canali e di zone paludose fra Massarosa e il lago Massaciuccoli in una veduta solare che si collega alla tradizione versiliese e alla copiosa produzione paesaggistica dell’artista.

Esposizioni:

  • Secondo Premio Cremona, Palazzo Affaitati, maggio-luglio 1940: catalogo n. 54, esposto nella sala IX, con il motto, Questa è la guerra che noi vogliamo. In Ente Autonomo Manifestazioni Artistiche Cremona (maggio-luglio XVIII), II Premio Cremona. Catalogo delle opere esposte alla mostra, Cremona, Cremona Nuova, 1940, I ed. p. 66, II ed. p. 78.
  • Künstlerhaus di Hannover, 29 settembre-13 ottobre 1940: sala 2, n. 17. Das Getreide der Urbarmachung von Lucca, in Ausstellung italienischer Bilder aus dem II. Wettbewerb in Cremona, Hannover, Carl Riebe, 1940, p. 19.
  • Cultura della terra in Toscana. Mezzadri e coltivatori diretti nell’arte dell’Ottocento e del Novecento, Palazzo Mediceo, 4 luglio – 29 settembre 2009, a cura di E. Dei e A. Baldinotti, Pisa, Pacini, 2009, p. 211.
  • Alfredo Catarsini: dalla darsena alla linea gotica. Paesaggi, figure e grandi composizioni pittoriche (1917-1945), catalogo della mostra a cura di R. Bona, con la collaborazione di E. Martinelli e C. Menichini (Lucca, Palazzo delle Esposizioni, 12/03-08/05/2022) Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 2022, pp. 29-32.

LABORATORIO ESPERIENZIALE “GIANVITTORIO SERRALUNGA”

Sul tavolo al centro della sala sono collocati sia il disegno a rilievo del dipinto che la sua traduzione in altorilievo scultoreo, entrambi realizzati dai Servizi Tiflodidattici del Museo Tattile Statale Omero.

L’altorilievo scultoreo e il disegno a rilievo sono funzionali allo svolgimento di laboratori esperienziali su base motoria per persone cieche e ipovedenti. I laboratori integrano due progetti della Fondazione Alfredo Catarsini 1899: I luoghi di Catarsini e Cambiamo il punto di vista! per la reinterpretazione dell’immagine, finalizzati al turismo sostenibile e accessibile tra cui anche l’esplorazione tattile dell’opera.

8. Marina, 1953, olio su tavola, altezza 50 centimetri, larghezza 60 centimetri.

Il dipinto del 1953 raffigura una spiaggia in un giorno d’estate, ma non è la spiaggia attrezzata con ombrelloni e sdraio, bensì una spiaggia libera, selvaggia come si trova a sud di Viareggio. Sulla striscia di sabbia, dove si intravedono le erbe dunali tipiche di questo tratto di spiaggia, vediamo tre figure femminili nude in piedi, che volgono lo sguardo verso il mare, dove una barca verde con le vele aperte sembra aspettarle o averle appena sbarcate. Le figure femminili non hanno colori reali, sono dipinte di rosso, grigio-blu e marrone. La figura rossa ha nella mano sinistra una stoffa azzurra, forse il costume di cui si è liberata per restare nuda, libera nella natura selvaggia o un richiamo per la barca che sta di fronte a loro? La cosa che colpisce di più di questo dipinto è la libertà della raffigurazione femminile posta in una ambiente panico, quasi primordiale, che richiama la bellezza della natura non contaminata dall’uomo.

Sul tavolo al centro della sala sono collocati sia il disegno a rilievo del dipinto che la sua traduzione in altorilievo scultoreo, entrambi realizzati dai Servizi Tiflodidattici del Museo Tattile Statale Omero.

L’altorilievo scultoreo e il disegno a rilievo sono funzionali allo svolgimento di laboratori esperienziali su base motoria per persone cieche e ipovedenti. I laboratori integrano due progetti della Fondazione Alfredo Catarsini 1899: I luoghi di Catarsini e Cambiamo il punto di vista! per la reinterpretazione dell’immagine, finalizzati al turismo sostenibile e accessibile tra cui anche l’esplorazione tattile dell’opera.

Premio Catarsini 2025

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